• the discipline of the essential IN MOSTRA PRESSO Primo Marella Gallery Lugano Primo Marella Gallery Lugano è Lieta di annunciare...

    the discipline of the essential

    IN MOSTRA PRESSO

    Primo Marella Gallery Lugano

     
    Primo Marella Gallery Lugano è Lieta di annunciare la nupva mpstra collettiva The Discipline of the Essential, che riunisce le opere di Elio MarchegianiCarmengloria MoralesGianfranco Zappettini e Paolo Cotani.
  • La Pittura Analitica, nata sotto il segno di un non-movimento, è stata rappresentata da un insieme di personalità distinte, spesso in dialogo o in contrasto tra loro. Per loro, più che un fine, la pittura era un mezzo per riscoprire il linguaggio artistico e per riaffermare, attraverso il gesto e il processo, il valore dell’opera come oggetto e come azione.

    Nel corso degli anni Settanta, le varie direzioni di ricerca intraprese dagli artisti hanno dato vita a un fenomeno eterogeneo ma pur sempre coerente nella sua intenzione di superare l’idea di arte come espressione soggettiva ed emotiva. Paradossalmente, è proprio la mancanza di coesione formale a renderla attuale tutt’oggi: nessuno degli artisti coinvolti si è mai dichiarato rappresentante di un’estetica comune e ciascuno ha elaborato, nel corso della propria prassi, una riflessione personale partendo dall’esperienza concreta del dipingere. L’opera diventa così un processo in fieri, che abbandona la sua tradizionale aura per farsi pratica consapevole.

  • Dal punto di vista teorico, non mancano affinità con il minimalismo, inteso come un ritorno all’essenzialità e alla struttura primaria...
    Paolo Cotani, Bende, 1976, Acrilico e bende elastiche, 100 × 100 cm

    Dal punto di vista teorico, non mancano affinità con il minimalismo, inteso come un ritorno all’essenzialità e alla struttura primaria dell’opera. È proprio in questa direzione che si inserisce The Discipline of the Essential, titolo della mostra che evoca con precisione il cuore della Pittura Analitica: una disciplina rigorosa, rivolta alla ricerca dei fondamenti del fare pittorico. La mostra intende sottolineare come, attraverso la riduzione e la concentrazione sul gesto, la materia e il processo, emerga una nuova forma di essenzialità, non come privazione, ma come affermazione di senso.

    Dalle tele sovrapposte di Zappettini, ai dittici di Morales, fino alla corporeità di Cotani e Marchegiani, emerge una ricerca che mette al centro il rapporto intimo con la materia e il colore. Gli elementi ricorrenti – dalle bende elastiche, alle variazioni cromatiche, dalle stratificazioni ai dittici – esprimono un desiderio condiviso: quello di riscoprire la pittura nella sua forma più pura e incontaminata, quasi originaria. Più che un “ritorno all’ordine”, si tratta di un ritorno consapevole ai principi essenziali e fondamentali della pittura, contrapposto all’estetica del gesto impulsivo.

    In un contesto storico, come quello degli anni Settanta, segnato da incertezze e percorsi non lineari, le opere analitiche sono tutt’altro che fredde o impersonali, rivelando ancora oggi un valore estetico che supera di gran lunga la semplice testimonianza storica.

  • Nel 1975, Paolo Cotani inaugura uno dei cicli più rappresentativi della sua produzione artistica: quello delle Bende. Pur spingendosi verso...
    Paolo Cotani, Tensioni, 2007, Cinghie e acciaio, 257 × 75 x 15 cm

    Nel 1975, Paolo Cotani inaugura uno dei cicli più rappresentativi della sua produzione artistica: quello delle Bende. Pur spingendosi verso esiti radicali, queste opere non abbandonano la riflessione sulla pittura, ma piuttosto ne offrono una visione inedita.

    Attraverso un procedimento di tipo costruttivo, le bende diventano parte integrante del telaio, trasformandosi da semplice materiale a elemento strutturale dell’opera, in un dialogo serrato con la superficie pittorica. Le sue bende – in cui resta chiara l’intenzione di condurre un discorso sulla pittura, fatta di quantità, accumuli e spessori – aprono lo spazio a una nuova visione tridimensionale.

    Dopo aver perlustrato a lungo i sentieri più vari della sua ricerca, Cotani torna ai materiali extrapittorici e la sua opera acquisisce una presenza fisica che si relaziona direttamente con l’architettura, come accade con le Tensioni e Torsioni, serie che spingono la sua ricerca verso una forma di essenzialità estrema.

    In queste opere, Cotani raggiunge una sintesi visiva che si discosta dalle precedenti esperienze concettuali: l’intento diventa aprire nuove possibilità di percezione attraverso oggetti tridimensionali da parete che stimolano la partecipazione attiva dell’osservatore, chiamato a interpretarne forma e significato.

  • Un esempio emblematico di come la ricerca analitica si fondi, in larga parte, su un ritorno consapevole agli strumenti tradizionali...
    Carmengloria Morales, Dittico R 73-5-2, 1973, Grafite e tela, 150 × 65 cm

    Un esempio emblematico di come la ricerca analitica si fondi, in larga parte, su un ritorno consapevole agli strumenti tradizionali della pittura, oltre ogni tentativo di classificazione, è il lavoro di Carmengloria Morales, in particolare i suoi Dittici.

     

    A partire dal 1969, Morales adotta una scelta formale netta ossia l’affiancamento di due elementi come campo d’intervento pittorico: due superfici identiche per forma, spessore e dimensione vengono disposte una accanto all’altra, separate da un piccolo spazio. Se all’inizio entrambe venivano lavorate, già dall’anno successivo la pittura si concentra su una sola delle due superfici. È in questa tensione tra la parte trattata e quella lasciata al naturale, tra ciò che è pieno e ciò che è vuoto, che si sviluppa una riflessione profonda sul gesto pittorico.

     

    Queste opere si presentano in modo diretto e privo di ambiguità, senza allusioni concettuali, senza suggestioni minimaliste e senza alcuna intenzione di raffigurare. La tela bianca, lontana dall’essere neutra, impone un rigore ulteriore, spingendo l’artista verso un linguaggio essenziale e assoluto. Per questo motivo, Morales interviene più volte sulla stessa porzione dipinta, stratificando materiali come acrilico, grafite, carbone e, occasionalmente, cera, fino a far emergere un’idea di pittura intesa come atto puro e consapevole, radicato nella fisicità del fare e nella tensione tra presenza e assenza.

     

  • Nel corso di oltre quarant’anni di carriera, Gianfranco Zappettini ha avuto un ruolo chiave nel rinnovare il linguaggio pittorico. Per...
    Gianfranco Zappettini, Grafite 2b su tele sovrapposte n.156, 1975, Grafite su tela, 130 × 130 cm

    Nel corso di oltre quarant’anni di carriera, Gianfranco Zappettini ha avuto un ruolo chiave nel rinnovare il linguaggio pittorico. Per lui, la superficie del dipinto torna ad assumere la sua funzione originaria: uno spazio “opaco”, che non rappresenta realtà esterne né dimensioni interiori, ma rimanda esclusivamente a sé stesso, alla propria struttura e alla propria essenza.

    La sua ricerca si fonda sulla creazione di una relazione spaziale – sempre all’interno del piano bidimensionale – tra un “campo” e le linee che lo attraversano. Trame ortogonali e diagonali si sovrappongono e si nascondono l’una dietro l’altra, distendendosi su superfici che, pur rimanendo nei limiti della tela, sembrano dilatarsi nel ritmo visivo della composizione. Ne sono esempio i suoi dipinti bianchi monocromi, dove tele sovrapposte vengono attraversate solo da un sottile segno a grafite. In questo contesto rigoroso e controllato, l’artista sviluppa variazioni di forme ed elementi che si combinano e si disgregano in sequenze quasi indecifrabili, ma capaci di attirare lo sguardo dell’osservatore.

  • Negli ultimi anni, invece, pur mantenendo coerente il metodo, Zappettini ha introdotto nuove soluzioni: si lascia attrarre dalle strutture geometriche, arrivando persino ad introdurre il colore, elemento che aveva evitato durante gli anni Settanta. Questi aspetti, pur diversi tra loro, ruotano attorno a un nucleo comune che rappresenta l’identità profonda della sua pittura: l’idea della pittura come strumento di conoscenza interiore e di esplorazione del reale.

  • A partire dalla fine degli anni Cinquanta, Elio Marchegiani intraprende un percorso artistico articolato e pluriforme, in cui la pittura diventa il terreno privilegiato di una costante sperimentazione, tra un gesto intimamente riflessivo e una profonda attenzione verso il contesto esterno entro cui l’opera si inserisce e prende forma. L’arte, per Marchegiani, non è mai un gesto autoreferenziale, ma un’operazione concreta che interroga e decostruisce i meccanismi del sistema artistico stesso.

     

    Tra gli anni Sessanta e Novanta, l’artista si distingue per un approccio radicale e anticonformista, in cui la pittura è sottoposta a un continuo processo di messa in discussione. La sua cifra più riconoscibile, il Colore grammopeso, rappresenta non solo una firma stilistica, ma un modo per interrogare il valore fisico del colore, il suo peso reale, materiale, in antitesi con la sua tradizionale leggerezza e immaterialità. Marchegiani si dimostra così capace di sovvertire continuamente le regole del proprio operare, senza mai adagiarsi su formule predefinite e sempre ricercando invece una via personale che lo porta a confrontarsi con materiali non convenzionali e tecniche inusuali, mantenendo però una forte coerenza poetica.

    È proprio in questa tensione tra rigore e invenzione, tra leggerezza e profondità, che risiede la forza del lavoro di Elio Marchegiani: un’arte che non si limita a rappresentare, ma che pensa e ripensa sé stessa, invitando lo spettatore a fare lo stesso.

     

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